Quadrata e non allo stesso tempo.
2 Agosto 2020
Ah la creatività, questa (s)conosciuta!
Sono cresciuta in una famiglia piena di artisti, ma il primo cugino che si è laureato, di cui mio padre non smetteva mai di tessere le lodi, è stato tra i primi laureati in informatica a Udine, indirizzo robotica (il lavaggio del cervello paterno è servito, tuttora me lo ricordo), quando io ancora facevo le elementari.
Da piccola non capivo perché le mie amiche volessero fare tutte le ballerine e perché in 5a elementare giocassero ancora con le Barbie. Mi piaceva scrivere, disegnare. E imparare l’inglese in 1a è stato un regalo bellissimo: conoscere i segreti di una nuova lingua, la sua grammatica, le regole di lettura. Già dei prodromi di quello che sarebbe stato l’interesse per qualcosa che ha le sue radici nelle regole e quindi in qualcosa di più quadrato, come piace dire alla gente. Infatti quando ho scoperto l’etologia, l’ecologia, la matematica, la biologia ho trovato, nella scienza in generale, un nuovo amore.
A differenza di altri ho sempre avuto le idee chiare su che studi seguire, anche quando le mie idee si basavano su motivazioni decisamente strampalate.
Quando ho scelto lo scientifico ambivo a raggiungere le vette di quel mio cugino bravissimo (quindi laurearmi) e ho deciso che il liceo non poteva che essere un liceo scientifico, perché “Ok il latino, ma il greco anche no!”. Sia chiaro: ora un po’ anche mi dispiace di non aver fatto ‘sto benedetto greco.
Poi in 5a liceo è arrivato il momento di scegliere di nuovo. E ho scelto matematica. L’ho fatto perché di qualsiasi altra cosa non me ne fregava proprio nulla. Insomma, non di certo perché avessi fatto dei calcoli sulla mia futura esistenza e sulla sua sostenibilità economica. D’altronde, se ‘sti calcoli li avessi fatti, avrei dovuto decisamente scegliere altro. E vedete bene che il modo in cui l’avevo scelta avrebbe dovuto già farmi capire qualcosa in merito, ma vabbè ero un po’ sorda evidentemente: scegliere matematica era una scelta solo apparentemente razionalissima e piano piano, col passare degli anni, si sarebbe rivelata essere molto molto di più.
All’espressione artistica ho sempre conceduto solo il tempo e la cura che si concede agli hobby, non è poco ma non è nemmeno abbastanza da darle la possibilità di diventare una professione. Disegnare, dipingere, cantare, scrivere, fotografare, sono cose che ci sono sempre state nella mia vita che sembrava sempre di più tendere ad una formazione tecnico-scientifica senza spazio per molto altro.
Poco prima di iniziare il percorso universitario vado a trovare una mia cara zia di Padova, della quale ho già accennato nel mio blog di cucina e viaggi. Mi vede un po’ disattenta e poco precisa nel fare le cose. E mi dice: “Occhio che a matematica si deve essere quadrati eh! Non puoi mica essere così disordinata!”. Scoprii ben presto che era la solita idea che si fanno gli altri di un mondo che non conoscono poi così bene.
Non era un caso se ero finita lì. Un po’ creativa (dicono così no?) e un po’ logica, come tutti i matematici. Se non hai la testa tra le nuvole, se non immagini cose che non sai ancora che possono esistere, la matematica non fa per te. Ma se non sai essere attenta nei passaggi logici ancora una volta la matematica ti frega. Bel casino eh? 🙂
Ho conosciuto un sacco di artisti a matematica, musicisti bravissimi con cui ho finalmente trovato l’occasione di mettere veramente alla prova la mia voce, dopo anni di coro, con cui potevo concedermi di espormi al più per 1/2 brani all’anno, magari al cospetto delle sole orecchie degli amici del paese “Che è meglio!”.
A un certo punto è arrivato il momento di abbandonare anche la matematica, per seguire altre strade ancora, che mi hanno portato dove sono ora. Dove ho realizzato sempre più come queste due parti di me, quella logica e quella irrazionale, erano ineliminabili seppur apparentemente così distanti e contradditorie.
Boh niente, forse era solo per dire a tutti quelli che mi vedono come una nerdona senza soluzione di continuità che in fondo non lo sono proprio per nulla. E per dire a chi mi vede come una casinista, senza meta e senza logica, che comunque qualcosa di logico che mi guida c’è e per fortuna il lato razionale mi ha sempre accompagnato (altrimenti sarebbe stata veramente la fine ahahah!).
O forse era anche per dire che questo continuo passare dalla logica all’irrazionale ce l’abbiamo tutti, ma alcuni di noi forse non vogliono accettarlo. Si sentono nerd e basta, non possono mollare un’emozione che sia una. Oppure sono persone che stanno così bene nel vedersi tra le nuvole che ad un accenno di logica scappano, intimiditi da qualcosa che può ingannarli o metterli semplicemente in difficoltà. Accettare le due componenti che costituiscono la nostra ricchezza aiuta a vedere con occhi diversi le nostre contraddizioni. Usandole come strumenti di crescita e non come ulteriori difficoltà che impediscono di trovare la via giusta per noi.
Un’esperta di marketing che ammiro un sacco dice che nel disagio si nasconde la possibilità di crescita. Ecco forse quell’apparente contraddizione di cui parlavo prima è una metafora di questo disagio costruttivo. Quel disagio che provo quando mi dicono che sono quadrata e che è lo stesso di quando mi sento dire che faccio la grafica o che sono una “creativa”. Insomma non sono né uno né l’altro e quindi cosa sono? Abbiamo bisogno di vedere le persone come qualcosa di preciso e questo può allontanarci dalla comprensione di noi stessi.
Io, come voi, sono tante cose ed è questo il bello.